Da uve Trebbiano in percentuale sensibilmente ridotta rispetto al solito, Passerina, Pecorino, Chardonnay, vinificato in acciaio, appare giallo paglia brillante alla vista.
Profumi intensi di frutta fresca, banana, mela golden, mineralità, cetriolo e resine vegetali.
In bocca è caldo e sapido, succoso di frutto e agrumato; ben calibrato è il rapporto tra parti dure e morbide.
Accenni amarotici nel finale, così come è di prassi per la tipologia.
Un Falerio in bello stile, smussa l'impronta rusticaneggiante presente nel patrimonio genetico.
Versatile nell'abbinamento a tutto pasto su cucina di mare: risotto al nero di seppia, maccheroncini allo sgombro, polpi bolliti, coda di rospo in potacchio.
Favorevolissimo rapporto qualità/prezzo, così come su tutta la gamma dell'azienda di Spinetoli (AP) ormai stabilizzata su buoni standard, fondata intorno alla metà degli anni '80, operante in regime di biologico certificato sui 150 ettari coltivati prevalentemente ad autoctono Montepulciano, Sangiovese, Pecorino, Passerina, Trebbiano, per una produzione media annua di 800.000 bottiglie.
Falerio Doc considerazioni a margine.
Cenni storici
Si fa derivare il nome della Doc Falerio dall'antica città "Faleria Augusta", l'attuale Falerone in provincia di Fermo. Situata tra le opulente città di Ausculum (Ascoli Piceno) e Firmum (Fermo), era nota già ai tempi della Roma Imperiale per le ottime uve e per le produzioni agrarie in genere. Ancor oggi nella moderna Falerone possiamo ammirare i resti dell'anfiteatro e del tempio romano a testimonianza di quella fama e delle radici storiche di questo territorio.
Oggi
A partire dagli anni '70 Falerio diventa sinonimo di vino quotidiano, territoriale, di larga diffusione.
Accompagna egregiamente i piatti della tradizione, sia di terra che di mare: molluschi, crostacei, frittura di paranza, spaghetti alle vongole, zuppe di pesce, passatelli, maccheroncini al ragù, ciauscolo, formaggi freschi o semistagionati, olive all'ascolana, pollo in potacchio, persino focaccia farcita e pizza napoletana.
Preferibilmente in abbinamento a piatti con tendenza dolce, di media grassezza o morbidezza, che ne esaltino per contrasto i caratteri organolettici.
Due sono quindi le ragioni del successo: favorevole rapporto qualità/prezzo, versatilità d'abbinamento.
Per quanto riguarda questo secondo aspetto, possiamo addentrarci in qualche ulteriore analisi.
Il vino Falerio essendo ottenuto da un blend di uve, può presentare delle variabili organolettiche, anche in considerazione del terroir di provenienza; tuttavia si può a grandi linee individuarne il tratto identitario.
Il vino Falerio si presenta generalmente di color giallo paglierino brillante, eventualmente con sfumature verdi.
Al naso non è molto intenso e complesso; presenta fini note floreali, frutta bianca, raramente di tipo tropicale, sfumature vegetali.
Al gusto è secco e sapido, si avvertono sensazioni fresche di acidità, pomacea, una certa ruvidezza dettata dalla maggiore o minore incidenza delle varie componenti del blend, di solito con finale lievemente ammandorlato.
Proprio tali caratteristiche organolettiche che favoriscono la versatilità d'abbinamento, lo hanno potuto etichettare come vino quotidiano e della tradizione.
Conclusioni
Purtroppo nonostante tali valori enologici e tale retroterra storico culturale, la Denominazione è andata nel corso degli anni progressivamente squalificandosi, per il disinteresse dei produttori, per la crescente tendenza verso produzioni da monovitigno, per gli espianti di Trebbiano.
Mi pare di poter dire che sia oggettivamente difficile realizzare oggi un progetto valido di recupero della tipologia, viste le condizioni di fatto; tuttavia è anche vero che per fissare il tratto identitario di un areale vitivinicolo, fattore indispensabile per ritagliarsi spazi di mercato e dare prospettiva, è necessario ripartire dalle fondamenta.
Occorre cioè ripercorrere sentieri dismessi o in stato di abbandono, per renderli di nuovo praticabili, recuperando tipologie tradizionali in grado di veicolare storia.
Profumi intensi di frutta fresca, banana, mela golden, mineralità, cetriolo e resine vegetali.
In bocca è caldo e sapido, succoso di frutto e agrumato; ben calibrato è il rapporto tra parti dure e morbide.
Accenni amarotici nel finale, così come è di prassi per la tipologia.
Un Falerio in bello stile, smussa l'impronta rusticaneggiante presente nel patrimonio genetico.
Versatile nell'abbinamento a tutto pasto su cucina di mare: risotto al nero di seppia, maccheroncini allo sgombro, polpi bolliti, coda di rospo in potacchio.
Favorevolissimo rapporto qualità/prezzo, così come su tutta la gamma dell'azienda di Spinetoli (AP) ormai stabilizzata su buoni standard, fondata intorno alla metà degli anni '80, operante in regime di biologico certificato sui 150 ettari coltivati prevalentemente ad autoctono Montepulciano, Sangiovese, Pecorino, Passerina, Trebbiano, per una produzione media annua di 800.000 bottiglie.
Falerio Doc '18 Palazzi
13%vol.
2° classificato nel concorso Amare il Falerio 2019
via Saladini 5,
63078 - Spinetoli (AP)
tel. +39 0736 899534
fax +39 0736 898594
e-mail: info@saladinipilastri.it
Info Denominazione d'Origine Controllata.
La Doc Falerio fu istituita nel 1975, successivamente più volte modificata fino al 2014.
Base ampelografica Trebbiano 20%-50%, Passerina 10%-30%, Pecorino 10%-30%; possono concorrere altre uve a bacca bianca autorizzate in regione Marche fino a un massimo del 20%.
Nel 2011 fu istituita la Doc Falerio-Pecorino la cui base ampelografica è Pecorino minimo 85%.
Esiste un unico disciplinare per le due Doc, che norma le differenze tra le due tipologie per ciò che riguarda rese per ettaro, fittezza sesti d'impianto, composizione varietale, titolo alcolometrico.
Falerio Doc considerazioni a margine.
Cenni storici
Si fa derivare il nome della Doc Falerio dall'antica città "Faleria Augusta", l'attuale Falerone in provincia di Fermo. Situata tra le opulente città di Ausculum (Ascoli Piceno) e Firmum (Fermo), era nota già ai tempi della Roma Imperiale per le ottime uve e per le produzioni agrarie in genere. Ancor oggi nella moderna Falerone possiamo ammirare i resti dell'anfiteatro e del tempio romano a testimonianza di quella fama e delle radici storiche di questo territorio.
Oggi
A partire dagli anni '70 Falerio diventa sinonimo di vino quotidiano, territoriale, di larga diffusione.
Accompagna egregiamente i piatti della tradizione, sia di terra che di mare: molluschi, crostacei, frittura di paranza, spaghetti alle vongole, zuppe di pesce, passatelli, maccheroncini al ragù, ciauscolo, formaggi freschi o semistagionati, olive all'ascolana, pollo in potacchio, persino focaccia farcita e pizza napoletana.
Preferibilmente in abbinamento a piatti con tendenza dolce, di media grassezza o morbidezza, che ne esaltino per contrasto i caratteri organolettici.
Due sono quindi le ragioni del successo: favorevole rapporto qualità/prezzo, versatilità d'abbinamento.
Per quanto riguarda questo secondo aspetto, possiamo addentrarci in qualche ulteriore analisi.
Il vino Falerio essendo ottenuto da un blend di uve, può presentare delle variabili organolettiche, anche in considerazione del terroir di provenienza; tuttavia si può a grandi linee individuarne il tratto identitario.
Il vino Falerio si presenta generalmente di color giallo paglierino brillante, eventualmente con sfumature verdi.
Al naso non è molto intenso e complesso; presenta fini note floreali, frutta bianca, raramente di tipo tropicale, sfumature vegetali.
Al gusto è secco e sapido, si avvertono sensazioni fresche di acidità, pomacea, una certa ruvidezza dettata dalla maggiore o minore incidenza delle varie componenti del blend, di solito con finale lievemente ammandorlato.
Proprio tali caratteristiche organolettiche che favoriscono la versatilità d'abbinamento, lo hanno potuto etichettare come vino quotidiano e della tradizione.
Conclusioni
Purtroppo nonostante tali valori enologici e tale retroterra storico culturale, la Denominazione è andata nel corso degli anni progressivamente squalificandosi, per il disinteresse dei produttori, per la crescente tendenza verso produzioni da monovitigno, per gli espianti di Trebbiano.
Mi pare di poter dire che sia oggettivamente difficile realizzare oggi un progetto valido di recupero della tipologia, viste le condizioni di fatto; tuttavia è anche vero che per fissare il tratto identitario di un areale vitivinicolo, fattore indispensabile per ritagliarsi spazi di mercato e dare prospettiva, è necessario ripartire dalle fondamenta.
Occorre cioè ripercorrere sentieri dismessi o in stato di abbandono, per renderli di nuovo praticabili, recuperando tipologie tradizionali in grado di veicolare storia.
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