sabato 28 gennaio 2012

Vino della Casa '06, Jermann.

Blend di Pinot Bianco e Chardonnay, ottenuto da uve provenienti dal Collio italiano e dal Collio sloveno. In etichetta presenta la seguente dedica: ”Al noce davanti casa; piantato dal nonno Michele per la nascita di Angelo”.

Si presenta di un bel colore giallo paglierino dorato.
Intenso e complesso al naso, dove le note di frutta secca, fichi e datteri canditi, sono intercalate da una leggera sensazione fumèe.
Al gusto esprime tutta l’ampiezza e il potenziale materico.
Lo sviluppo dei caratteri, dall'attacco fino in chiusura, procede graduale e uniforme, esaltando in particolare le sensazioni morbide.
Crema pasticcera, note vanigliate e burrose, mai stucchevoli.
Direi che corposità e finezza, trovano l'ideale sintesi.
In centro bocca i caratteri si fanno più articolati e maturi, con note di nocciola, fico secco, datteri canditi, caramella mou.
Scivola senza sussulti verso un finale pieno, caldo e molto persistente.
Vino da formaggi stagionati, da meditazione o da puro piacere.
Solo dopo aver proceduto all'analisi organolettica, si può capire il senso del nome Domace Vino.
Di fatto, questo è il vino d'immagine aziendale.
Ne sintetizza la filosofia produttiva, volta a coniugare il locale e il globale, le tradizioni familiari e i gusti internazionali.
Prodotto in serie estremamente limitata ad uso esclusivo familiare e della cerchia di amici più stretti o comunque legati alle attività aziendali.

Bianco Venezia Giulia igt '06 Vino della Casa (Domace Vino) magnum 1,5 litri.
alcool 14 %tappo a vite (Stelvin).
Imbottigliato nella cantina di Dolegna del Collio da recipiente n° 117 di 17 hl.
Produzione complessiva per questa tipologia di soli 1113 magnum e 113 bottiglie da 0,375 l
(..curiosa combinazione di numeri..al limite dello scaramantico! n.d.r.)

Azienda Jermann - Villanova di Farra (GO)
http://www.jermann.it/

Abbinato su:
arrostita di pesce povero dell’Adriatico centrale
(alici scottadito, arfaci, sgombri locali, gallinelle di mare)
arfacio o merlano (della famiglia dei merluzzetti)

sabato 21 gennaio 2012

Trebbien '10, Valter Mattoni

Bottiglia dall’originale packaging (grafica tridimensionale e tappo a corona) per questo Trebbiano non facile, fuori dagli schemi, al limite del provocatorio, in linea di continuità con il resto della produzione aziendale, anch’essa schietta, senza cedimenti o ruffianerie di sorta, fatta a immagine e somiglianza del proprietario Valter Mattoni.

Siamo in località Castorano (AP), in un territorio di tradizione agricola consolidata, che sul finire del secolo scorso, ha riscoperto la sua vocazione specifica per il settore vinicolo.
A mio parere il Trebbien di Valter Mattoni si cala perfettamente nel contesto agricolo d’origine, trasmettendone metaforicamente la genuinità, la durezza, gli umori, le sensazioni, l’immagine.
Trattasi di vino di territorio o espressione di terroir, che dir si voglia.

Di color giallo paglierino, appare ridotto al naso.
Le scarse sensazioni olfattive di tipo prevalentemente erbaceo, di fiori bianchi e fruttate di mela, fanno fatica ad emergere.
Per la verità da un Trebbiano, nonostante ottenuto da basse rese e selezione, non c’era d’aspettarsi molto di più.
Al gusto esprime appieno il carattere rusticaneggiante che lo anima.
Una sensazione minerale quasi salina, dà nerbo alla struttura.
La buona freschezza ne sorregge lo scheletro.
Qua e là spunti terrosi di rafano e metallici.
Una nota erbacea veramente country, che oserei definire di fieno di stalla, caratterizza il finale e dà una fisionomia essenziale e senza orpelli: la sua veste più autentica.
Media persistenza.
Abbinato su mazzancolle al peperoncino, sfumate al Blanc de Morgex e de La Salle

Marche bianco igt Trebbien ’10 - alcool 13,5% - circa € 16.
Azienda agricola Mattoni Valter, via Pescolla 1 - 63030 Castorano (AP).
tel: 0736 87329 - 347 3319401
email: w.mattoni@libero.it

sabato 14 gennaio 2012

Ferghettina Franciacorta Saten '05

Blanc de blancs da uve Chardonnay 100%.
Questo Satèn dal finissmo perlage si presenta cristallino, di un bel colore giallo paglierino con riflessi dorati.

La lunga sosta sui lieviti rende il quadro organolettico sostanzioso e il vino versatile nell’abbinamento a tutto pasto.

Un bouquet di profumi piuttosto intenso, sottolinea fin da subito le prerogative di finezza.
In particolare, nota di crosta di pane e lieviti caratterizzano questa fase, avendo come contrappunto una tenue nota idrocarburica.

Al gusto le sensazioni, si fanno un po’ più articolate.
Frutta secca, gherigli di noce, crema pasticcera, canditi, ma anche note agrumate, vanno a modularsi in uno sviluppo lineare, morbido, senza sussulti.
Convincente.

Abbinato su risotto alla marinara con: raguse, granchi, vongole, mazzancolle
(riso Carnaroli Superfino di Riserva S. Massimo, Gropello Cairoli -Pv- )

Ferghettina Franciacorta docg Saten ’05 (sboccatura ’09)
alcool 12,5 % - circa € 22.
Azienda Agricola Ferghettina di Roberto Gatti
Adro (BS)
www.ferghettina.it

sabato 7 gennaio 2012

Roma Caput Vini

Il libro edito da Mondadori, è allo stesso tempo un compendio delle vicende storiche dell’Impero Romano ed un’analisi delle ragioni che nei secoli immediatamente precedenti e successivi la nascita di Cristo, hanno portato l’Impero ad essere artefice principe della diffusione della viticoltura in Europa.
Sulla base di esami genetici sulle viti, elaborati dai prof. Attilio Scienza dell’università di Milano e Carol Meredith dell’università di Davis in California, in sinergia con altrettanto mirate ricerche storico/archeologiche, si può affermare che i vitigni coltivati oggi in Europa, non sono altro che i pronipoti dell’unico vitigno impiantato circa duemila anni fa per decisione dell’imperatore Probo, nei territori conquistati dalle legioni: il cosidetto “Heunisch”, così chiamato perché proveniente dal territorio abitato dagli Unni.
E’ questa la tesi che dà impulso al volume.
L’analisi dell’autore sulle ragioni che hanno determinato la diffusione della vite nell’intero Impero Romano (dalla Pannonia, alla Britannia, all’Hispania), si risolve sostanzialmente nella sottolineatura delle motivazioni eminentemente politiche alla base del processo.
Di fatto la vite, portata e impiantata dai centurioni nei territori annessi all’Impero, rappresentò l’emblema della “pax romana” che, nel segno del “hic manebimus optime”, vide i romani costruire nei territori conquistati, infrastrutture di servizio, di svago e nelle campagne impiantare colture come la vite, proprio a testimonianza di essere potenza dominante, duratura e stabile in quei luoghi.
Dunque la viticoltura risultò essere uno degli strumenti di espansione imperialista della romanità nei territori.

Su questa base inoltre, l’autore pone in rilievo come l’insieme degli aspetti complessi e variegati che costituivano il nucleo della strategia imperialista dei romani, sia stato preso a modello dagli Stati Uniti d’America molti secoli dopo, nell’intento di realizzare un’operazione di espansione economica e politica oltre i suoi confini (emblematico a tal proposito il parallelismo tra Probo e Ronald Reagan).
In questo modo il libro trova gradualmente la sua vera fisionomia.
Di fatto ogni paragrafo tende a focalizzare le sintonie e i punti di contatto, solo raramente le differenze, tra due Imperi così distanti nel tempo, ma così vicini nel modus operandi espansionista.

Al di là della supposta polemica tra Francia e Italia, sulla primogenitura della coltivazione della vite, da cui il libro teoricamente prende lo spunto a detta dell’autore stesso, a me pare invece che sia proprio questo della concatenazione tra due entità imperialiste, l’aspetto più interessante dell’opera: ovverossia la lettura di vicende recenti o contemporanee, messe in rapporto e spiegate con la storia dell’Impero Romano.

Oltre questo aspetto basilare che connota soprattutto la prima parte dell’opera, ma che in realtà è a mio avviso il suo filo conduttore principe, il volume allarga gli orizzonti e spazia su tematiche vinicole anche oltre l’Europa, destina uno spazio ad una ricerca etimologica sui nomi di vini e vitigni ed è fonte documentale storica di usi, costumi e miserie dell’era romana.

Roma Caput Vini - pag. 216 - € 18
Autori:
Giovanni Negri (giornalista, scrittore, produttore vinicolo nelle Langhe piemontesi, ex segretario del partito radicale ed ex parlamentare)
Elisabetta Petrini (laureata in scienze internazionali e diplomatiche all’università di Bologna e in economia, istituzioni e finanza all’università di Roma).
Edizioni Mondadori

martedì 3 gennaio 2012

Lacrima di Morro d'Alba superiore Paucca '06

Ottenuto da uva Lacrima, il cui nome è dovuto al fatto che i grappoli, giunti a completa maturazione, spaccano la buccia e lasciano “lacrimare” il succo.
L’indicazione “Superiore” in etichetta sta ad indicare le differenze rispetto alla versione normale: disciplina più restrittiva delle rese, titolo alcolometrico maggiore, tempistica diversa per l’immissione al consumo.

Questa Paucca ’06, piuttosto datata per la tipologia, si presenta di color rosso rubino scuro concentrato, ma non limpidissimo, tendente piuttosto all’opacità.
Dopo circa 1 ora e mezza abbondante di ossigenazione, si cominciano a percepire le prime note olfattive tipiche, floreali di rosa e violetta: il tempo trascorso ne ha fiaccato inesorabilmente l’intensità e solo una lunga ossigenazione le riporta in qualche modo alla luce.

La specificità varietale di questo vitigno autoctono marchigiano, la cui area a Doc è circoscritta al comune di Morro d’Alba (An) e paesi limitrofi, si esprime su vini dai toni più intensi che complessi, sia nei profumi che nei sapori.
Vini inconfondibili, proprio perchè dotati di caratteri particolarmente vividi: sensazioni floreali di rosa e violetta, spezie dolci, piccoli frutti rossi, visciole, note vinose.
Anche il colore rubino, tende di solito al porpora.
Vini da bere relativamente giovani.
Tuttavia da qualche anno, per iniziativa di singoli produttori e per l’impulso di enologi qualificati, si è cercato di portare avanti un discorso diverso: verificare la capacità di tenuta, trovare declinazioni più impegnative, articolate e complesse.
La Paucca dei F.lli Badiali è appunto un tentativo, a mio parere abbastanza riuscito, di declinare il vitigno in modo più completo.
Partendo da una base vino solida, per selezione in vigna, vinificazione accurata e parziale affinamento in legno, a cinque anni abbondanti dalla vendemmia mantiene ancora una certa integrità.

Al gusto prevalgono le sensazioni austere.
Lievi e sfumate le note floreali, quelle fruttate del tutto impercettibili, sovrastate da toni terziari, noce moscata, cuoio, tabacco.
Freschezza e tannino ormai logori, non danno contributi di sorta.
Si percepisce un fisiologico andamento verso la maturità.
Ciò in parte pregiudica la riconoscibilità e la lettura agevole dei caratteri varietali, ma arrotonda il quadro gustativo.

Lacrima di Morro d’Alba superiore doc '06 Paucca
alcool 14,5 % - circa € 12.
Imbottigliato all’origine dall’Azienda Agricola F.lli Badiali
contrada Maiolino 4, Morro d’Alba (AN)
tel: 073163510
Abbinato su: zuppa di lenticchie, zampone e costine di maiale