martedì 18 giugno 2013

Export vino ed energie rinnovabili.

Proprio in queste ultime settimane, è andato accentuandosi l'attrito tra Cina e Comunità Europea a proposito dei dazi doganali sulle importazioni; adottati reciprocamente come misure "anti-dumping", sia sull’importazione in Europa di pannelli solari fotovoltaici cinesi, sia sull’importazione in Cina di vini Comunitari.
La vicenda scaturisce dal fatto che Pechino, una volta percepito il forte interesse Comunitario verso le energie rinnovabili, prende la decisione di diventare monopolista nella produzione di pannelli solari, a questo scopo immettendo sul mercato europeo manufatti sotto costo.
In concreto Pechino allestisce una vera e propria operazione di “dumping”, finalizzata a stroncare qualsiasi velleità di concorrenza.
A seguito di questa situazione oggettiva venutasi a creare in Europa in ordine alla fornitura dei manufatti cinesi e per porvi in qualche modo rimedio cercando di ripristinare le corrette regole del mercato, si è arrivati a proporre a livello di Commissione Europea, l’adozione di misure “anti-dumping” (come appunto i dazi doganali sull'importazione di pannelli solari made in China).
Tale proposta a dire la verità, non ha trovato l’unanimità in sede Comunitaria ed anzi ha finito per ottenere un effetto opposto a quello voluto:
- da un lato aumentando le divisioni tra gli Stati, divaricando ancor più la distanza tra i paesi favorevoli come Italia, Francia, Spagna e quelli contrari (la Germania)
- dall’altro lato, rinsaldando l’asse privilegiato Berlino-Pechino.

(n.d.r.: apro e chiudo rapidamente una parentesi strettamente politica, per dire che anche un fatto relativamente circoscritto come questo, può essere considerato come il sintomo di un interesse diffuso ad ostacolare l’integrazione politica europea, allo scopo di relegare il Vecchio Mondo in posizione subordinata nel sistema globalizzato e mantenerlo soggetto debole nei rapporti di mercato).

Ma qual'è il ruolo del vino all’interno di questa vicenda?
Si dà il caso che a Pechino abbiano individuato nel settore agroalimentare, il possibile volano di sviluppo e di ripresa economica soprattutto per alcune aree geografiche della Comunità Europea: un settore strategico, in grado di dare prospettive e di riattivare le dinamiche di mercato in tempo di crisi.
Ebbene, la ritorsione cinese sui dazi europei andrebbe non a caso a colpire proprio il comparto vinicolo, che è uno dei driver di crescita dell'intero settore agroalimentare.
Minacciare di rialzare i dazi sull'import di vini europei (scesi dall'entrata della Cina in WTO nel 2002, dal 65% al 14%), significherebbe toccare un nervo scoperto, di fronte al quale la Comunità Europea non avrebbe la possibilità di rimanere indifferente.
La Cina realizzerebbe così l'obiettivo di costringere l'UE a rivedere la decisione di adottare misure “anti-dumping” nei confronti dei pannelli solari cinesi.
In sostanza si può affermare che Pechino abbia, in modo certamente strumentale e a tutela esclusiva dei suoi interessi, scatenato una vera e propria “guerra del vino” con l'Europa, nella piena consapevolezza che i paesi europei di tradizione vinicola consolidata, come ad esempio gli Stati mediterranei, non sarebbero mai in grado di rinunciare alle opportunità che un mercato in forte crescita come quello cinese, può offrire sia attualmente che in prospettiva.

3 commenti:

  1. A mio avviso i dazi sui pannelli solari sono proprio una bruttissima idea: fanno molto piu' male ai consumatori europei di quanto fanno bene ai produttori europei di pannelli - solo che il male e' molto piu' diffuso e quindi difficile da vedere all'occhio nudo.
    Altrimenti detto: se ai cinesi viene in mente di regalarci i loro pannelli, perche' rifiutare il regalo?

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    1. Penso anch'io che non sia la risposta migliore ai cinesi.
      Metterla sul piano della forza con loro, non mi è parsa la soluzione migliore; considerando il fatto che non ci possiamo permettere il lusso d'ignorare la rilevanza della Cina come partner commerciale.
      Tuttavia è un dato incontrovertibile secondo me, che Pechino abbia fatto concorrenza sleale nei confronti del fotovoltaico made in UE.
      Io credo che tali comportamenti non possano essere accettati supinamente.
      Ciò significherebbe infatti, lasciare mano libera a questi grandi potentati economici emergenti, consentendogli di operare al di fuori delle regole.
      Mettere a regime una tale situazione di fatto e cioè consentire l'espansione di queste pratiche commerciali "disinvolte" nei vari strati dell'economia, significherebbe mettere a rischio la sopravvivenza stessa delle nostre industrie e attività commerciali.
      A me pare del tutto evidente che la situazione odierna dei rapporti commerciali con la Cina non possa durare a lungo e vada cambiata.
      Secondo me le soluzioni a queste criticità, vanno trovate a livello di W.T.O.: operando attraverso vie diplomatiche, evitando di alzare barriere.
      Visto che ci sto, dico la mia sul punto: "Il punto è se dovremo noi abbassare i livelli nostri per renderli economicamente competitivi o se dovranno loro aumentarli (non so come: magari autocertificandosi, offrendo garanzie a tutela della qualità o anche uniformandosi a noi nelle tutele previste in tema di diritti dei lavoratori).
      Io propenderei per la seconda soluzione, magari accontentandomi di frutti acerbi nell'immediato, per aspirare poi a quelli più maturi nel lungo periodo".

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  2. Se continuiamo ad importare proddotti cinesi invece di comprare prodotti europei, creeremo uno sbilancio dei pagamenti che costera' caro all'economia europea. Specialmente in costi per la disoccupazione che questo creerebbe.
    Purtroppo il consumatore non vede gli interessi della comunita' ma solo quelli propi, per cui compra sempre il prodotto che costa di meno senza considerare che, in futuro, verra' a costargli in aumento di tasse.

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