L'esternazione di Carlin Petrini sulle pagine di Repubblica
http://www.repubblica.it/ambiente/2010/08/12/news/vendemmia-6233557/
ha suscitato com'era prevedibile, una scia di reazioni e polemiche tra chi segue e commenta le vicende del vino.
Di fronte al tam tam mediatico finalizzato a dare valenza positiva alla previsione d'aumento di produzione vinicola per il 2010, il fondatore di Slow Food ha voluto mettere i suoi puntini sulle "i", rifiutando di sottoscrivere tale lettura, tendente ad esaltare la quantità a discapito della qualità.
In sostanza Petrini rileva il rischio che l'esaltazione del fattore quantità, possa provocare un appiattimento verso il basso delle produzioni e vanificare gli sforzi di chi invece opera per la salvaguardia del valore economico legato alle tipicità e all'identità territoriale.
Pare evidente il delinearsi di due schieramenti contrapposti, che elaborano strategie diverse, perchè poggiano su basi ideologiche diverse.
Da un lato c'è chi intende tutelare il patrimonio vinicolo italiano, non tanto per recuperare radici e tradizioni, quanto per dare prospettiva, proporre chiavi di lettura di futuri scenari, affrontare le criticità del mercato globalizzato.
Dall'altro lato c'è chi ha come obiettivo primario il business e per questo è disposto a sacrificare valori, tradizioni, qualità, appoggiandosi su un mercato condizionato dalla crisi economica, in difficoltà nell'intraprendere la strada dell'acquisto consapevole ed informato.
Quest'ultimo aspetto e cioè quello della comunicazione mirata e della fruibilità dell'informazione, credo non vada sottovalutato da chiunque si faccia sostenitore e paladino della qualità.
Se qualcuno ha potuto basare una strategia di marketing sull'equazione quantità = qualità, lo ha fatto potendo speculare su un deficit d'informazione, che evidentemente c'è e che è solo in parte imputabile al disinteresse o all'ignavia del consumatore nei confronti delle dinamiche del settore.
Probabilmente per non dire certamente, chi ha in mano gli strumenti della comunicazione, deve fare meglio la sua parte per intercettare tendenze, cogliere difficoltà contingenti, essere riferimento per l'utente.
http://www.repubblica.it/ambiente/2010/08/12/news/vendemmia-6233557/
ha suscitato com'era prevedibile, una scia di reazioni e polemiche tra chi segue e commenta le vicende del vino.
Di fronte al tam tam mediatico finalizzato a dare valenza positiva alla previsione d'aumento di produzione vinicola per il 2010, il fondatore di Slow Food ha voluto mettere i suoi puntini sulle "i", rifiutando di sottoscrivere tale lettura, tendente ad esaltare la quantità a discapito della qualità.
In sostanza Petrini rileva il rischio che l'esaltazione del fattore quantità, possa provocare un appiattimento verso il basso delle produzioni e vanificare gli sforzi di chi invece opera per la salvaguardia del valore economico legato alle tipicità e all'identità territoriale.
Pare evidente il delinearsi di due schieramenti contrapposti, che elaborano strategie diverse, perchè poggiano su basi ideologiche diverse.
Da un lato c'è chi intende tutelare il patrimonio vinicolo italiano, non tanto per recuperare radici e tradizioni, quanto per dare prospettiva, proporre chiavi di lettura di futuri scenari, affrontare le criticità del mercato globalizzato.
Dall'altro lato c'è chi ha come obiettivo primario il business e per questo è disposto a sacrificare valori, tradizioni, qualità, appoggiandosi su un mercato condizionato dalla crisi economica, in difficoltà nell'intraprendere la strada dell'acquisto consapevole ed informato.
Quest'ultimo aspetto e cioè quello della comunicazione mirata e della fruibilità dell'informazione, credo non vada sottovalutato da chiunque si faccia sostenitore e paladino della qualità.
Se qualcuno ha potuto basare una strategia di marketing sull'equazione quantità = qualità, lo ha fatto potendo speculare su un deficit d'informazione, che evidentemente c'è e che è solo in parte imputabile al disinteresse o all'ignavia del consumatore nei confronti delle dinamiche del settore.
Probabilmente per non dire certamente, chi ha in mano gli strumenti della comunicazione, deve fare meglio la sua parte per intercettare tendenze, cogliere difficoltà contingenti, essere riferimento per l'utente.
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