Domenica 12 maggio 2019 presso La Cascina Ristorante in via San Nicola 13 a Porto San Giorgio (Fm), anteprima ufficiale della nuova etichetta Deviango (sangiovese del Fermano vinificato in bianco), con packaging identico per le quattro cantine, Casale Vitali, Vittorini, Di Ruscio, Geminiani.
La serata ha previsto: convegno di presentazione, degustazione vini, apericena.
Il convegno-simposio dal titolo "Deviango il Sangiovese vinificato in bianco nel Fermano", ha visto relazionare:
- Prof. Nicola Pasqualini, già Docente presso Istituto Tecnico Agrario di Ascoli Piceno.
- Prof.ssa Oriana Silvestroni, Docente all’Università di Agraria di Ancona.
- Dott. Matteo Lupi, Enologo.
- i produttori Gabriele Vitali, Nico Speranza, Marco Di Ruscio, Roberto Geminiani.
La discussione ha preso in esame le potenzialità di determinati cloni di Sangiovese vinificati in bianco, coltivati nell'areale fermano della media ed alta Valle dell'Aso posta a cavallo con la provincia di Ascoli Piceno e messo in risalto l'unità d'intenti tra produttori per ottimizzare la resa vino-vitigno.
In particolar modo interessante mi è parso l'intervento dell'enologo Matteo Lupi, riguardante gli aspetti tecnici della vinificazione in bianco dell'uva rossa.
Dopo vinificazioni sperimentali durate circa un anno, foriere di risultati poco soddisfacenti, si decise di adottare una tecnica diversa da quella originaria, in grado però di lasciare integro il quadro organolettico, scaricando colore senza pregiudicare profumi e sapori.
In estrema sintesi, si è proceduto in questo modo: pressatura soffice, quindi iperossigenazione allo scopo di separare per precipitazione le sostanze coloranti, successivamente chiarifica per flottazione (processo che, utilizzando iniezioni di gas azoto mediante apposita pompa enologica, consente di sollevare in superficie gli scarti delle sostanze coloranti).
Il progetto realizzato da questo gruppo di produttori, indubbiamente encomiabile, coraggioso, capace di attivare dinamiche produttive e di mercato, mi ha sollecitato alcune riflessioni che qui vado ad esporre.
Le esperienze acquisite negli anni e la frequentazione delle diverse aree vitivinicole italiche, mi portano alla constatazione che l'Agro Fermano non abbia ad oggi un'identità ben definita dal punto di vista vitivinicolo.
Ciò a mio parere è il vero punto debole del territorio, è fattore di disconnessione dal mercato, che produce come conseguenza di rendere effimera, quindi meramente episodica, qualsiasi iniziativa imprenditoriale altresì coraggiosa come ad esempio può essere Progetto Deviango.
La perdita d'identità non è casuale, ma a mio parere è il risultato del progressivo sgretolamento della storia vitivinicola di questo territorio, causata dall'abbandono delle tipologie tradizionali come ad esempio la Denominazione Falerio.
Oggi come oggi, non mi risulta poi così difficile trovare sul mercato Falerio Doc a dir poco approssimativi, fin troppo semplici, caratterizzati da eccessiva magrezza, sintomatici di disinteresse per la tipologia e della crescente tendenza a tutte le latitudini verso produzioni da monovitigno.
Occorre cioè ripercorrere sentieri dismessi o in stato di abbandono per renderli di nuovo praticabili, recuperando tipologie tradizionali in grado di veicolare storia.
La serata ha previsto: convegno di presentazione, degustazione vini, apericena.
Il convegno-simposio dal titolo "Deviango il Sangiovese vinificato in bianco nel Fermano", ha visto relazionare:
- Prof. Nicola Pasqualini, già Docente presso Istituto Tecnico Agrario di Ascoli Piceno.
- Prof.ssa Oriana Silvestroni, Docente all’Università di Agraria di Ancona.
- Dott. Matteo Lupi, Enologo.
- i produttori Gabriele Vitali, Nico Speranza, Marco Di Ruscio, Roberto Geminiani.
La discussione ha preso in esame le potenzialità di determinati cloni di Sangiovese vinificati in bianco, coltivati nell'areale fermano della media ed alta Valle dell'Aso posta a cavallo con la provincia di Ascoli Piceno e messo in risalto l'unità d'intenti tra produttori per ottimizzare la resa vino-vitigno.
In particolar modo interessante mi è parso l'intervento dell'enologo Matteo Lupi, riguardante gli aspetti tecnici della vinificazione in bianco dell'uva rossa.
Dopo vinificazioni sperimentali durate circa un anno, foriere di risultati poco soddisfacenti, si decise di adottare una tecnica diversa da quella originaria, in grado però di lasciare integro il quadro organolettico, scaricando colore senza pregiudicare profumi e sapori.
In estrema sintesi, si è proceduto in questo modo: pressatura soffice, quindi iperossigenazione allo scopo di separare per precipitazione le sostanze coloranti, successivamente chiarifica per flottazione (processo che, utilizzando iniezioni di gas azoto mediante apposita pompa enologica, consente di sollevare in superficie gli scarti delle sostanze coloranti).
Il progetto realizzato da questo gruppo di produttori, indubbiamente encomiabile, coraggioso, capace di attivare dinamiche produttive e di mercato, mi ha sollecitato alcune riflessioni che qui vado ad esporre.
Le esperienze acquisite negli anni e la frequentazione delle diverse aree vitivinicole italiche, mi portano alla constatazione che l'Agro Fermano non abbia ad oggi un'identità ben definita dal punto di vista vitivinicolo.
Ciò a mio parere è il vero punto debole del territorio, è fattore di disconnessione dal mercato, che produce come conseguenza di rendere effimera, quindi meramente episodica, qualsiasi iniziativa imprenditoriale altresì coraggiosa come ad esempio può essere Progetto Deviango.
La perdita d'identità non è casuale, ma a mio parere è il risultato del progressivo sgretolamento della storia vitivinicola di questo territorio, causata dall'abbandono delle tipologie tradizionali come ad esempio la Denominazione Falerio.
Oggi come oggi, non mi risulta poi così difficile trovare sul mercato Falerio Doc a dir poco approssimativi, fin troppo semplici, caratterizzati da eccessiva magrezza, sintomatici di disinteresse per la tipologia e della crescente tendenza a tutte le latitudini verso produzioni da monovitigno.
...e pensare che storicamente si fa derivare il nome della Doc Falerio dall'antica città "Faleria Augusta", l'attuale Falerone in provincia di Fermo. Situata tra le opulente città di Ausculum e Firmum, era nota già ai tempi della Roma Imperiale per le ottime uve e per le produzioni agrarie in genere!In conclusione mi pare di poter dire che per fissare il tratto identitario, oggi indispensabile per ritagliarsi spazi di mercato e dare prospettiva, sia necessario ripartire dalle fondamenta.
Occorre cioè ripercorrere sentieri dismessi o in stato di abbandono per renderli di nuovo praticabili, recuperando tipologie tradizionali in grado di veicolare storia.
post correlato:
Hi it's me, I am also visiting this web site regսlarly, tһis site iis tеuly fastidiouѕ and the users are genuinely sharing fastidious
RispondiEliminathoughts.