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venerdì 29 luglio 2022

Malvasia vitigno

Il nome Malvasia si fa derivare da Monemvasia un porto del Peloponneso conosciuto dai navigatori delle Repubbliche Marinare di Genova e di Venezia fin dal tredicesimo secolo, utilizzato dai mercanti della Serenissima come punto d'imbarco per trasferire in patria le barbatelle alla base dei vini dolci passiti di Creta (Candia) di cui erano grandi estimatori.
A seguito di tale massiccia importazione, tra il 1500 e il 1700 il vitigno Malvasia divenne il più diffuso in Europa, in tutta la Penisola Italica, in Francia, Spagna, Portogallo, Dalmazia, dando però vita a mutazioni, a cloni, a varietà che meglio si adattarono alle condizioni climatiche, ambientali e del suolo.
Oggi in Italia, che è primo produttore di Malvasia in Europa e nel mondo, le varietà iscritte al Registro Nazionale delle Varietà di Viti sono una ventina, tant'è che sarebbe più appropriato parlare di Malvasie; sono originate da biotipi differenti, ce ne sono a bacca bianca, a bacca nera, a bacca rosa, a sapore semplice, semiaromatico, aromatico a sapore di moscato, in relazione alla maggiore o minore intensità dei caratteri organolettici.
Le diverse varietà possiamo trovarle in ogni angolo d'Italia, dal sud al nord, con caratteristiche in comune oppure con caratteristiche contrapposte.
L'estrema diversificazione di varietà all'interno di un unico termine identificativo è dovuta quindi ad un doppio ordine di fattori, da un lato la mutazione genetica legata all'adattamento del vitigno ai vari contesti ambientali, dall'altro la ricerca di una semplificazione lessicale avvenuta in passato, volta ad includere uve differenti sotto lo stesso "ombrello" di successo per facilitarne il commercio.
cartina Malvasie d'Italia a cura di
Alcune varietà possono avere caratteristiche comuni, note di frutto fragrante, pesca e albicocca, connotazioni mielate, residuo zuccherino, ma con diverso grado d'intensità; ad esempio Malvasia di Candia diffusa in centro Italia è classificata "sapore semplice", viceversa Malvasia di Candia Aromatica diffusa nel Piacentino e Malvasia delle Lipari, sono classificate "sapore aromatico" e possono essere alla base di vini passiti di eccellente livello.
Connotazioni contrapposte possiamo invece averle confrontando Malvasie Bianche e Malvasie Nere, laddove in quest'ultime prevale un fruttato di ciliegia e fragola, con sentori vinosi e floreali di violetta.
In foto e video, un Marche Igt Malvasia di bella fattura, fresco e fruttato, ottenuto da uve Malvasia di Candia, una delle tre varietà consentite in regione Marche, caratterizzato da dotazione aromatica intermedia tra "sapore semplice" e "sapore semiaromatico", connotato di pesca nettarina e di albicocca, adatto come vino d'entrèe, su cucina di mare, antipasti, insalate di mare, frittura, vongole in guazzetto, adatto quindi al consumo estivo, previa ovviamente, adeguata refrigerazione.
Tasting Marche Igt Malvasia Dugnet, Vigneti Santa Liberata:
Malvasia vitigno
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martedì 26 luglio 2022

Bolgheri Doc, Bolgheri Sassicaia Doc

Il viaggio virtuale nei territori vinicoli italiani ci porta in Toscana, a Bolgheri, la frazione del comune di Castagneto Carducci in provincia di Livorno che dà il nome alla Denominazione d'Origine Controllata.
Il Disciplinare di Produzione delimita la zona di produzione al territorio amministrativo del comune di Castagneto Carducci, si tratta quindi di un'area a Doc piuttosto circoscritta, pari a circa 1.200 ettari, per un imbottigliato che al 2020 si è attestato intorno a 6.500.000 pezzi.
Sono previste 6 tipologie: Bolgheri Bianco, Bolgheri Vermentino, Bolgheri Sauvignon, Bolgheri Rosato, Bolgheri Rosso, Bolgheri Rosso Superiore.
Base ampelografica per i bianchi, Vermentino, Sauvignon, almeno 85% in entrambi i casi, con possibilità di percentuali minoritarie di altri vitigni a bacca bianca consentiti in regione, come ad esempio Trebbiano Toscano.
Ove le percentuali dei due vitigni principali si dimostrassero insufficienti, si può fare ricorso per la commercializzazione alla tipologia Bolgheri Bianco che richiede percentuali inferiori.
Per quanto riguarda i rossi e il rosato, base ampelografica Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, tutti e tre fino a un massimale del 100%, Syrah fino a un massimo del 50%, Sangiovese fino a un massimo del 50%, con possibilità di percentuali minoritarie di altre uve a bacca rossa consentite in regione.
E' proprio questo il tratto distintivo della Denominazione, che la contraddistingue dal resto della produzione rossista regionale e cioè la predilezione per le uve cosiddette internazionali, a discapito del Sangiovese che peraltro rimane il vitigno principe e più diffuso in Toscana per ciò che concerne le uve a bacca rossa.
Questa predilezione per il taglio bordolese in Bolgheri, non è però qualcosa di estemporaneo; ci sono delle ragioni storiche a sostegno di questo approccio produttivo, ragioni storiche che sono state poi fondamentali per l'istituzione della Doc nei primi anni '90.
Già nel periodo pre-fillossera, cioè fino alla prima metà dell'800, le scelte viticole in zona furono effettuate non solo in base al terroir, ma soprattutto in base alla cultura vinicola francese, con particolare attenzione ai metodi di vinificazione e ai vitigni usati in Francia.
Nel periodo post-fillossera, cioè nella seconda metà del secolo scorso, fu il Marchese Mario Incisa Della Rocchetta ad avere l'intuizione di confermare l'impostazione produttiva in stile bordolese, assecondando da un lato le sue preferenze per i vitigni francesi della zona di Bordeaux e dall'altro individuando nell'areale di Castagneto Carducci il contesto pedoclimatico ideale per la produzione di vini di qualità di stampo bordolese, superando quindi l'antico pregiudizio che gl'influssi marini del vicino Mare Tirreno potessero incidere negativamente sulla qualità dei vini di stampo bordolese.
La scommessa del Marchese Incisa Della Rocchetta risultò ampiamente vinta, in considerazione dei riconoscimenti conferiti ai vini di Bolgheri sia a livello nazionale che internazionale, in passato e a tutt'oggi.
All'interno della zona di produzione della Denominazione d'Origine Controllata Bolgheri, ne esiste un'altra più circoscritta che ha disciplinare apposito "Bolgheri Sassicaia Doc", estesa su circa 75 ettari destinati appunto alla produzione del celebre Supertuscan di taglio bordolese, a loro volta all'interno dei complessivi circa 90 ettari vitati di Tenuta San Guido di proprietà dei Marchesi Incisa Della Rocchetta: 75 ettari vitati, così vocati, da meritare una Doc propria (Doc Bolgheri Sassicaia è l’unica in Italia ad essere inclusa interamente in una proprietà).
Tasting Bolgheri Sassicaia Doc '04, info Tenuta San Guido:
Bolgheri Doc, Bolgheri Sassicaia Doc
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mercoledì 20 luglio 2022

Viognier vitigno

Viognier è considerato uno dei vitigni a bacca bianca più interessanti a livello globale.
Le sue origini si fanno risalire alla Roma Imperiale, pare infatti che l'individuazione in una zona corrispondente all'attuale Croazia risalga all'epoca dell'Imperatore Probo.
Successivamente il vitigno ha trovato il suo habitat in Languedoc Roussillon e nella Valle del Rodano in Francia, dove è alla base dell'Appellation d'Origine Controlèe (AOC) Condrieu e del famoso Chateau Grillet uno dei vini più esclusivi al mondo, ottenuto da appena 3,5 ettari di vigneto costituito da piante di età media di 50 anni, con bassissime rese imposte dall'Appellation, una produzione media di circa 12-13.000 bottiglie all'anno, per sole due o tre etichette, con prezzi che variano dai 60-70 euro per quelle meno prestigiose, fino ai 400-500 euro e oltre per l'etichetta più prestigiosa.
Oggi possiamo trovare il vitigno Viognier anche fuori dalla Francia, ad esempio in California e in diverse regioni vitivinicole australiane.
Anche in Italia da qualche anno si coltiva Viognier con risultati lusinghieri, in particolar modo in Toscana e Lazio.
Per quanto riguarda le caratteristiche dei vini, possiamo dire che Viognier si avvicina a Vermentino e Ansonica o Inzolia; quindi profumi e sapori di frutto cremoso, pesca e albicocca, sfumature tropicali e speziate, mango e cannella, fiori primaverili, mineralità che ricorda la pietra bagnata, una non eccessiva dotazione acidica.
Grande versatilità per quanto riguarda gli abbinamenti, ovviamente su cucina di mare, ad esempio su sogliola alla mugnaia, carpaccio di polpo con rucola e datterini, mazzancolle sgusciate al lardo d’Arnad con alloro peperoncino aglio rosmarino e sfumate al brandy, ma anche adattabile sulle preparazioni mediamente speziate della cucina orientale o con gusto di lemongrass; nella Valle del Rodano lo abbinano anche con carni bianche salsate e con formaggi caprini.
In foto e in video un Viognier di bella fattura, proveniente dalla Maremma Toscana e precisamente da Castiglione della Pescaia in provincia di Grosseto; questo vino è alla portata di tutti i palati e di tutte le tasche, mille miglia lontano dai prezzi di Chateau Grillet che rimane vino di nicchia o addirittura per collezionisti.
Viognier vitigno
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mercoledì 13 luglio 2022

Primitivo vitigno

Proseguiamo il nostro viaggio virtuale nei territori vinicoli italiani.
Arriviamo in Puglia, per parlare di Primitivo.
Studi sul Dna hanno dimostrato affinità con lo Zinfadel californiano, Primitivo pare ne sia progenitore.
Il vitigno Primitivo è diffuso soprattutto nel meridione d'Italia, ha superficie vitata complessiva di circa 12-13.000 ettari, ha trovato in Puglia la zona d'elezione, il contesto pedoclimatico ideale, la tradizione consolidata di coltivazione e trasformazione.
Volendo utilizzare un'espressione metaforica, potremmo affermare che nei vini da uve Primitivo sia percepibile la solarità, la luminosità del paesaggio pugliese.
Primitivo ha un fruttato intenso, oserei dire esplosivo, amarene, mirtilli, sfumature floreali di viola, ma anche speziatura e tannino, il quale ha funzione di contrasto sulla ricchezza saccarotica peculiare del vitigno, la quale a sua volta è all'origine dell'elevato tenore alcolico; gli acini d'uva infatti, hanno notevole quantità di zuccheri, che si traduce in vini da 14 a 16 gradi alcolici e oltre.
Tuttavia è proprio la dotazione saccarotica a rendere meno avvertibile all'assaggio, il titolo alcolometrico elevato.
Vino Primitivo quindi da centellinare, da degustare, non da tracannare; ma questa è una regola di carattere generale, a mio parere valida sempre, per tutte le tipologie.
L'origine del nome Primitivo dipende dal fatto che è uva a maturazione precoce; già dalla seconda metà d'agosto infatti, può raggiungere maturità polifenolica ed essere pronta per la vendemmia.
In foto e video, una rappresentanza qualificata della tipologia: Salento Igt Primitivo, Schola Sarmenti, Nardò (Le).
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sabato 9 luglio 2022

Marche Rosso Igt '18 Dolce Vite, Cameli Irene winery

Vino a tiratura limitata, poco più di un migliaio di esemplari all'anno, buona struttura, favorevole rapporto qualità-prezzo, reperibile on line a circa € 16.
Ottenuto da uve sangiovese provenienti da vigneti posti in zona collinare tra i comuni di Castorano (AP) e Offida (AP), in regione Marche, maturato in tonneaux e botte grande, con riposo in bottiglia di almeno quattro mesi, appare alla vista di color rosso rubino carico, luminoso.
Quadro intrigante, complesso.
I descrittori insistono su tonalità animali e speziate, erbette aromatiche, radice di china, cuoio, liquirizia, con frutto nero succoso ad apparire in sottofondo con sembianze di visciola e prugna matura; note boisèe e mentolate avviluppano rinfrescanti sia il naso che il palato, laddove la dotazione acidica e i tannini nobili forniscono ulteriore contributo.
Veste leggera su fibre reattive, ricche d'energia, struttura solida e snella.
Ciliegia e lampone danno l'impronta, accenni selvatici animano il finale, fino in retrogusto.
In abbinamento su  piatti a tendenza grassa o untuosa e su piatti con componente aromatica spiccata, pollo in potacchio, coniglio in porchetta.
Valutazione @avvinatore 91/100
Marche Rosso Igt 2018 Dolce Vite
13,5% vol.
Contrada Gaico, 19
63081 Castorano (AP)
Tel: 073687435
Fax: 073687435
e-mail: info@vinorossomarche.it
web: https://www.vinorossomarche.it/
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Sangiovese, uno dei vitigni più diffusi in Italia.
Non si può però, parlare di un solo sangiovese, poiché nel corso dei secoli si è differenziato in numerose varietà o cloni.
Vertici qualitativi ad esempio, li troviamo sulle colline ilcinesi per i Brunello di Montalcino, laddove cioè è avvenuta una selezione clonale.
In ogni modo, è possibile trovare buoni sangiovese anche in altri territori; questo qui ad esempio, proviene da vigneti posti in zona collinare tra Castorano e Offida in provincia di Ascoli Piceno e, fatte le debite proporzioni con i Brunello, è senz'altro un buon sangiovese.

lunedì 4 luglio 2022

Rosso Piceno Doc '20 linea Cerì, Le Vigne di Clementina Fabi

Siamo nell'ambito dei vini destinati al consumo di massa, fascia di prezzo € 10-13.
Questo vino fa parte della linea horeca aziendale, denominata Cerì.
Ottenuto da uve prevalentemente montepulciano con uve sangiovese a saldo, maturato 12 mesi in rovere grande da 36 ettolitri, si presenta alla vista di color rosso rubino scuro, impenetrabile.
Suadente, profumato, saporito, in particolare al naso sollecita percezioni complesse, frutto nero maturo, idrocarburo, amarena, speziatura di chiodo di garofano; la dotazione minerale ne ingloba altre, riconducibili a terra umida e smossa, humus.
In bocca ha corpo snello; acidico e tannico, solletica i recettori papillari quanto basta per controbattere l'avvolgenza e la vaniglia conferite dal passaggio in rovere.
Vino della buona tavola e della convivialità, cesellato nei toni.
In abbinamento su pappardelle al sugo di papera, arrosto di maiale alle castagne.
Valutazione @avvinatore 89/100
Rosso Piceno Doc 2020 linea Cerì
13,5% vol.
Le Vigne di Clementina Fabi Soc.Agr.
Contrada Franile, 3, 63069 Montedinove (AP)
info@levignediclementinafabi.it
0736 828217
http://www.levignediclementinafabi.it/