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martedì 1 luglio 2014

Fivi su Testo Unico della Vite e del Vino.

Mercoledì 18 giugno 2014 presso la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati si è tenuta l'audizione dei rappresentanti delle associazioni/organizzazioni della filiera vino, nell'ambito della discussione sulla proposta di legge C 2236 Sani "Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino" - Testo Unico della vite e del vino.
In tale occasione la FIVI (federazione italiana vignaioli indipendenti) ha prospettato emendamenti al Testo Unico, volti ad una maggiore chiarezza normativa per produttori e consumatori.
Le osservazioni al TU di FIVI sono state elaborate dal Prof. Michele A. Fino docente UNISG ed esposte dalla Presidente della Federazione Matilde Poggi (in foto).
Questi i tre "punti caldi" che la FIVI ha inteso porre all'attenzione della Commissione Agricoltura della Camera.

- L’Art. 8 c.1 (Titolo II) definisce vitigno autoctono italiano il vitigno la cui presenza è rilevata in aree geografiche delimitate del territorio nazionale.
Questo significherebbe che qualsiasi vitigno, una volta piantato in Italia, diventerebbe automaticamente autoctono.
Vi è una distanza abissale tra il sentito di consumatori e produttori e la lettera della legge.
Questa distanza va superata.
La proposta è quella di evitare il ricorso alla definizione di autoctono.
La si lasci all’ambito della critica enologica e della cultura gastronomica nazionale, ma si eviti di sancire giuridicamente una NON-DEFINIZIONE.
Perché questa norma aprirebbe allo scempio del patrimonio ampelografico nazionale: un patrimonio di biodiversità impareggiabile a livello mondiale.
Viceversa la norma così come formulata nel TU, consentirebbe la registrazione come autoctono di qualsiasi cosa sia piantata alla data della sua entrata in vigore, senza riguardo né per le tradizioni produttive Italiane né per il valore che hanno le vere peculiarità viticole nazionali sul mercato globalizzato.

- L’Art. 52 (Titolo III) sulla Designazione, presentazione e protezione dei vini DOP e IGP rinvia alle disposizioni comunitarie e nazionali.
FIVI ritiene assolutamente necessario che all’Art. 53, sull’Impiego delle denominazioni geografiche, venga aggiunto un comma che permetta di indicare la REGIONE in cui ha sede l’azienda viticola, anche se tale nome è una DO o IG.
Ciò deve avvenire se non sull’etichetta, intesa come dicitura sulla bottiglia, almeno come indicazione sul sito e sui materiali aziendali.
Occorre cioè distinguere, come NON fa il legislatore europeo e di conseguenza quello nazionale che è tenuto a recepire le disposizioni comunitarie, tra etichettatura vera e propria e informazioni equiparate all’etichettatura, ma che hanno una ben diversa (..spesso nulla) capacità di creare confusione.
L’interesse a proteggere dalle usurpazioni le DO e le IG non può portare al paradosso per cui un’azienda si trova privata del potere d'indicare sul proprio materiale di comunicazione, dove ha sede.

- L’Art. 58 (Titolo III) tratta dell’istituto della diffida per le infrazioni minori, per permettere di sanare l’irregolarità accertata con un richiamo formale.
Secondo FIVI il limite minimo individuato di 600 euro è assolutamente troppo basso, dato che qualunque infrazione del tutto involontaria delle norme di etichettatura comporta una sanzione minima di 2000 euro (vd. art. 60 del Testo Unico).
La proposta è di estendere l’applicazione della diffida a tutte le fattispecie in cui la sanzione è amministrativa e non ci sia pericolo per la salute pubblica derivante dalla condotta del produttore che ha infranto le norme.

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